Siamo un’agenzia di comunicazione digitale. In quanto tale, sentiamo che possiamo dare un piccolo contributo a chi ci legge con una breve guida per orientarsi nel mondo dell’informazione online.
Qualche settimana fa abbiamo condiviso il seguente post:
Una provocazione, uno scherzo dichiarato esplicitamente: l’emoji di un pagliaccio si affaccia sull’immagine, e gli hashtag recitano chiaramente “#Scherzone” e “#NonCondividereITuoiDati”.
Eppure, dei 79 commenti ricevuti, buona parte provenivano da persone in qualche modo convinte che ci importasse effettivamente dei loro dati personali.
Iniziamo quindi da questo primo step:
Step 1: leggi attentamente il contenuto e nella sua totalità
Spesso osserviamo commenti e reazioni spropositate a contenuti relativamente innocui, perché chi legge si affretta a incasellare il dato all’interno di una propria cornice di interpretazione della realtà che spesso non combacia con la realtà stessa.
In psicologia si chiama “euristica”: non abbiamo le risorse né il tempo per analizzare per intero la mole di dati che ci arriva dall’esterno, e quindi abbiamo sviluppato degli algoritmi mentali per interpretare il mondo in maniera veloce ed efficiente.
Dobbiamo però esserne consapevoli. Chi produce i contenuti che popolano le reti sociali digitali spesso lo è (perfettamente consapevole) e, per esempio, può decidere in base a questo di riportare una notizia con un titolo che è solo parzialmente vero o che addirittura distorce totalmente la realtà, ma che genera una forte reazione nel lettore.
Su questo si basa il successo di una pagina: sull’engagement, il tasso di coinvolgimento.
Se l’algoritmo di un social network vede che un contenuto che viene proposto agli utenti genera coinvolgimento, automaticamente lo proporrà a un numero maggiore di utenti.
Come prima cosa quindi, assicurati di non commentare o condividere una notizia soltanto basandoti sul titolo o sulla tua prima reazione: il contenuto dell’articolo, qualche riga in più del post o qualche slide al carosello potrebbero farti cambiare idea.
Step 2: sii cosciente delle tue reazioni
Se una storia genera in te una reazione emotiva molto forte, fa che questa reazione diventi un campanello di allarme: si tratta di un contenuto confezionato ad arte per suscitare queste reazioni?
Siamo tutti, nessuno escluso, vittime dei nostri bias cognitivi: tendiamo a sbagliare sistematicamente a interpretare alcuni aspetti della realtà, per semplificare i processi mentali. In questo contesto, dobbiamo essere particolarmente consapevoli del bias di conferma: “un processo mentale che consiste nel ricercare, selezionare ed interpretare informazioni in modo da porre maggiore attenzione, e quindi attribuire maggiore credibilità, a quelle che confermano le proprie convinzioni o ipotesi e, viceversa, ignorare o sminuire informazioni che le contraddicono”.
È così che possiamo gradualmente trovarci all’interno di una bolla. Se escludiamo tutte le fonti e le persone che condividono contenuti che non rappresentano i nostri valori e le nostre credenze, finiamo col circondarci esclusivamente di voci che confermano le nostre teorie, creando un effetto eco pericolosissimo, in quanto ci porta ad isolarci e ad estremizzarci.
Step 3: verifica
Per prima cosa, controlla chi ha condiviso il contenuto in questione. Se si tratta di una figura pubblica, controlla che l’account sia verificato: c’è la spunta blu? Ci vuole un attimo a creare un profilo fake! Se non si sta attenti si rischia di confondere, per esempio, ciò che pubblica “Il Fatto Quotidaino” con notizie vere.
Sicuro che non sia satira? Account come Lercio commentano l’attualità in maniera esplicitamente ironica, ma molte altre pagine lo fanno in maniera più sottile e velata, tanto che spesso la satira è praticamente la scusa per condividere contenuti acchiappaclick, mossi da intenzioni torbide.
Se si tratta di un grafico controlla: è indicata la fonte? La data è attuale?
Questo è un altro punto cruciale: spesso vengono condivise, in malafede, notizie vecchie. Se ci si accorge che viene pubblicato il racconto di un fatto avvenuto tempo fa, bisogna chiedersi che motivo c’è dietro. Inoltre, spesso avviene che le notizie vengano rettificate, e se viene riportato un fatto di cronaca datato, nel frattempo potrebbero essere emerse verità che al tempo della narrazione non si potevano conoscere.
“Chiunque può scrivere quello che vuole su internet”: così diceva Abraham Lincoln nel 1850. Oppure no? Se ci si trova davanti a una citazione, bisogna assicurarsi in primo luogo che sia autentica, e successivamente che non sia stata estrapolata in maniera fuorviante dal suo contesto.
Per restare in tema di citazioni, Forrest Gump diceva che “stupido è chi lo stupido fa”. E sulla rete c’è chi ha interesse a spacciarsi per stupido: sono gli account “false flag”, ovvero account costruiti apposta per sembrare in tutto e per tutto esponenti della fazione politica avversaria e seminare volontariamente figuracce clamorose in giro per i social network, in maniera da sminuire il movimento a cui si finge di appartenere.
Non diamo i numeri: presta attenzione alle storie che suggeriscono il coinvolgimento di una folla. È davvero così? Ci sono stati casi di questioni sollevate da pochi e sospetti account, che sono state poi gonfiate dalla spropositata reazione della fazione politica opposta a chi teoricamente ha vocalizzato la questione.C
Con i numeri, attenzione in generale, non solo con le persone: è stato richiesto un risarcimento da milioni di euro? Non significa sostanzialmente nulla di per sé, in quanto la causa potrebbe benissimo non essere davvero credibile.
Come dipingono la storia le altre fonti di informazione? Non è detto che la narrativa mainstream sia sempre quella corretta, e non è detto che fonti di informazione di parte siano necessariamente inaffidabili. Ma se una storia appare riportata soltanto da alcune specifiche fonti è possibile che sia dovuto al “data void”, cioè che non ci siano sufficienti informazioni perché testate riconosciute possano trattare la questione, lasciando spazio alla disinformazione.
In conclusione
La disinformazione non si cura soltanto con una checklist. Si combatte attraverso il pensiero critico, ponendo particolare attenzione in primis a noi stessi: riconoscendo le nostre reazioni, i nostri stessi pattern di pensiero e, con molta umiltà, i nostri limiti.